Mangiare cinese in Italia, nel 2017, non è mai stato così interessante.
I muri del consumismo più sfrenato con il conseguente appiattimento di tutti i menù stanno crollando per favorire una diffusione di varietà regionali cinesi ed anche l’estro degli chef.
Pensate alla forza strepitosa della Cina. Quando noi eravamo a giocare con i soldatini dell’Impero Romano, almeno due secoli A.C, loro combattevano guerre civili per tentare l’unificazione di una terra gigantesca.
In meno di un secolo la Cina è diventata la nazione più Pop della storia, scippando il termine che ha da sempre caratterizzato l’America.
I ritmi di produzione stakanovisti, stanno portando un nuovo benessere nella Cina 2.0. Il potere d’acquisto delle nuove generazioni è accresciuto del 100% rispetto ai propri genitori.
In Cina c’è voglia di spendere, spandere e mangiare.
E in Italia non si smette di mangiare asiatico. La curiosità sta prendendo il sopravvento tra i consumatori italiani che hanno iniziato ad emanciparsi dall’idea classica del ristorante cinese con involtini primavera e ravioli al vapore standard.
Questo risveglio è dovuto anche al proliferare dei giapponesi ‘All you can eat‘, spesso a gestione cinese, veri e propri arieti nello sfondamento della concezione classica del ristorante cinese. Ovviamente questi ristoranti dove tutti abbiamo lasciato dignità e una discreta somma di denaro accumulata nel tempo non rappresentano l’ideale di cucina storica e a caratteristica regionale di alcuna parte del mondo.
Anzi, la diffusione estrema di questo tipo di ristoranti ha delle conseguenze pessime sull’ambiente ed in particolare sulle acque dei mari. La catena alimentare è sconvolta dalla sempre più massiva attività di pesca intensiva e allevamenti spregiudicati.
La ragazza di Wenzhou