Un mondo composto solo da pochi elementi, o per meglio dire ingredienti: latte, uova, burro, zucchero, farina.
Ecco ciò a cui ruota intorno la pasticceria e secondo il Pastry Chef Gabriele Vannucci sono più che sufficienti.
Gabriele Vannucci, nato sul litorale della Versilia, classe 1988, più precisamente a Pietrasanta, città famosa in tutto il mondo per il marmo, (probabilmente lo stesso che utilizzava a suo tempo Michelangelo Buonarroti), e perla preziosa ed importante nella produzione e nel commercio dell’arte tanto da avere, tra le sue perle, una chiesa affrescata interamente da Botero che nella piccola cittadina della costa ha trovato un luogo d’elezione.
La sua vita prende una piega golosa, quando approda nel laboratorio del Maestro Pasticcere Luca Mannori, dal quale rimarrà 3 anni.
Dopodiché inizia la sua avventura di pasticcere a livello internazionale, passando da New York, alla Francia, da Londra a Viareggio, fino ad approdare nella cucina del ristorante stellato “La Leggenda dei Frati”, di Filippo Saporito e Ombretta Giovannini.

Gabriele è entrato a far parte di AMPI ovvero Accademia Maestri Pasticceri Italiani, è stato ed è tutt’ora il più giovane Chef con questo riconoscimento.
Nel 2020 in piena pandemia, Gabriele ha avviato una produzione di lievitati come panettoni e pandori artigianali, prodotti genuini e quasi totalmente italiani, al di fuori dell’uvetta, sulla quale la qualità ha prevalso sulla provenienza. Si chiama Gv An Italian House of Bakery (per correttezza nei vostri confronti, vi confesso che ho partecipato allo sviluppo creativo dell’immagine e della comunicazione del progetto, ndr).
https://www.gabrielevannucci.it/
Anche la Pasticceria vuole la sua parte
Chi stabilisce cosa sia notiziabile o meno? Secondo quale input ogni redazione tutte le mattine si alza e decide cosa pubblicare? Specialmente nel settore delle riviste settoriali, dedicate alla comunicazione del cibo e del vino esisteranno dei princìpi? Prendiamo ad esempio il taglio economico.
L’arte pasticcera è un settore in crescita che sempre di più entra nella narrativa quotidiana degli italiani. Basti pensare all’impero mediatico di Iginio Massari, un pasticcere a cui uno dei più importanti comici di Italia, Fabio De Luigi, dedica una deliziosa imitazione. Sappiamo ora tutti, grazie al buon Iginio cosa sia una Marisa. E al suo interno questa dolce galassia di dolci e dolcezze porta con se una Via Lattea costellata di filiere. Dai produttori degli ingredienti a quelli degli aromi. Esistono interi comparti finanziari dedicati ai dolciumi. Ricordo ancora i fasti del Sigep, la più importante fiera dedicata al settore.
Ma il ragionamento va ben oltre l’enogastronomia come è stata concepita fino ad oggi. Nel 2021 un processo voluttuoso di cambiamento dei modi di approccio al cibo sta prendendo campo nelle vite ormai ridotte all’ambito domestico dall’emergenza Covid-19. Da una parte i ristoranti che hanno voglia di ripartire e lo rifaranno, dall’altra un consumatore ora attento a cosa mangia quotidianamente. Mi verrebbe da dire all’antica. Il trend è forte e lo dimostrano le ottime performance dei lievitati artigianali di qualità durante le recenti festività natalizie. Dietro ai numeri ci sono sempre atti concreti, vite di esseri umani. Al cuneo di congiunzioni astrali fuori dal comune, un cronaca che gira come un mulinello impazzito e l’ansia sociale che è diventata una bomba ad orologeria c’è ancora una corda di tessuto angelico che ci tiene agganciati alla realtà. La capacità di avere un cervello e un pollice opponibile, utilizzare le mani per creare.
Siamo umani e di conseguenza esseri sensienti con capacità manuali che un pasticcere come Gabriele Vannucci conosce molto bene. La pasticceria è dunque una condizione ergastica (esiste?) che se prima era appannaggio solo di maestri come Gabriele ad oggi è quotidianità di milioni di cittadini rinchiusi nei propri nuclei. Ed è bene ricordarsi che a separarci tra noi e il divino che è in noi ci sono solo cinque ingredienti: latte, farina, uovo, zucchero e burro.


Il Ragazzo che giocava con il cioccolato e l’arte
Nei dolci di Gabriele si trova il connubio tra la mente creativa di un ragazzo sensibile e la manualità di precisione, come una macchina. Il viareggino ha una maniacale precisione e una visione che si nutre di contaminazioni che spaziano in un certa cultura artistica Pop del post 11 Settembre. La riscoperta degli anni 70, che ciclicamente ritornano, la Frida Kalho icona alla Che Guevara e poi il vasto patrimonio dell’arte minimalista e la musica. A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata a Vivaldi l’uva passa che mi da più calorie.
Insomma dall’altissimo Gabriele che un giorno ha avuto anche l’onore di vedere David Bowie fare colazione nel posto in cui lavorava (non è capitato a tutti) ci si aspetta di tutto, anche di aver finito anticipatamente le vendite dei suoi lievitati a marchio Gv an Italian House of Bakery. Ma sicuramente, come i Lumiere o il Cristoforo Colombo della prima avventura transoceanica, la sfida più grande per lui sarà quella di sdoganare il tabù che un buon panettone o un buon pandoro si possa consumare tutto l’anno. Con ingenua saggezza spinta dalla pancia credo nella sua visione e penso che gli italiani del futuro saranno in grado di capire che le cose buone, quando ci stanno, ci stanno.

Sono estasiato, non sapevo tutto questo, ma alla prima occasione un buon assaggio di queste prelibatezze è garantito
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