Ad un certo punto nella storia culinaria dell’uomo è stato deciso che i ristoranti etnici dovessero diventare una fucina di olio di dubbia qualità, un’offerta appiattita a qualche piatto standardizzato e privo di senso e tanto arredo di cattivo gusto. Bene, andiamo qualche step forward e constatiamo un notevole miglioramento nell’offerta gastronomica proveniente da ‘culture altre’ (termine in voga negli anni 90) e sulla scia dello slogan ‘mangiamoli a casa nostra’ ecco arrivare piccole perle come il ristorante Ararat.
Immaginate di essere nella vostra bella città italiana, da una parte ci sono i compro oro, dall’altra i centri per massaggi cinesi e le slot machine, qualche edificio storico probabilmente medievale o rinascimentale. Concentratevi e spiccate un salto. Un vento misterioso, dalla forma antropomorfa, danza con una veste bianca legata in vita da una fascia color porpora e adornato con un copricapo a cilindro arancione, danza e suona e soffia. La corrente che si genera vi trasporta in viaggio sopra il Mediterraneo, osservate nel basso i pesci sbattere le pinne e saltare fuori dal Mar Ionio, sotto di voi le isole di Polifemo e Circe. Passate sopra Santa Sofia ad Istanbul, l’incrocio delle razze e degli uomini. Oltre l’antica Anatolia, un mare che è un lago e che è Nero. Vi troverete su quel lembo di terra incastonato tra il Mar Nero ed il Mar Caspio. In pochi chilometri, tanti confini. La Georgia e l’Armenia, con a nord un’estremità della Russia a sud l’Iran e ad ovest l’Azerbaigian.
Oppure più semplicemente se siete a Firenze o dintorni, arrivate fino a Piazza Beccaria e imboccate Borgo La Croce, ad un certo punto sulla destra vi si parerà davanti un ristorante che si chiama Ararat, cucina georgiana e armena. All’interno di un’antica chiesa, sorge su due piani. In un ambiente curato dedicato al legno e alle luci soffuse, una cucina a vista e camerieri vestiti con abiti tradizionali. Non risultano però ridicoli.
Una volta sono stato in un ristorante thailandese fusion a Milano dove i camerieri eravano vestiti come Dragon Ball. Fu atroce.
Il menù propone specialità tipiche dei due paesi Georgia ed Armenia ai quali appartengono lo staff e la giovane (e bella) titolare Amaliya che mi ha raccontato degli strumenti musicali armeni. Poi mi sono andato a documentare e ho scoperto che la musica per uno strumento che si chiama Duduk è riconosciuta come Patrimonio Unesco. Musica antichissima che secondo i musicologi armeni risalirebbe addirittura al 1.300 a.c. Cioè ve ne rendete conto? Mille e 300 anni prima della nascita del Cristo. E a me che sembra un tempo infinito quando devo aspettare che la cassiera della Coop mi dia una busta di plastica da 0.01 cent.
Mentre chiacchiero e mi distraggo, vi starà venendo fame e vi starete chiedendo cosa si mangi da Ararat.
Presto detto, intanto parto dal pane. Perché mi ha colpito molto il fatto che si spezzi direttamente con le mani condividendolo con tutti i commensali, come si fa ai matrimoni tradizionali. E poi aggiungo il vino, vino Armeno e Georgiano come se piovesse. Rosso, forte e tanta buccia. Se siete amanti dei vini facili da bere, ad esempio a base di vitigni internazionali oppure gli I.G.T, preparatevi ad un viaggio palatale molto intenso. Qui sono gli autoctoni che intoneranno i canti tipici, direttamente sulla vostra lingua.
Cosa si mangia. Non è una cucina leggera, penso che sarà molto difficile andare via con la fame. Le porzioni sono molto ampie. Si inizia con un antipasto come il Pkhali formato
da salsa di noci e aglio abbinata di volta in volta con verdure come fagioli, barbabietole o carote, nonché accompagnato dal melograno.
Poi arriva uno dei piatti nazionali della Georgia, il Khinkali ovvero un grande raviolo di pasta ripieno di carne e spezie. Curioso nella forma e da mangiare con le mani, addentandone il ripieno senza perdere nemmeno una goccia del brodo al suo interno che accompagna il ripieno. Per l’esperienza diversa e per il gusto, non mi pento di definire questo piatto FOTONICO.
Dopo arriva un piatto tipico della cucina caucasica, diffuso anche in altre zone fino al Mediterraneo, in Grecia. Ovvero gli involtini di foglia di vite, in questo caso ripieni di carne e denominati Dolma.
E star della serata, il leggerissimo Khachapuri ovvero la focaccia a forma di occhio con formaggio (yogurt o kefir) e tante uova a crudo quante riuscite ad immaginare.
Il tutto poi a chiudere con dolcetti al miele e distillati, leggermente tosti a base di albicocca o pesca.
Questi sono solo alcuni piatti del ricco menù tradizionale che propone Ararat, sono quelli più simbolici, ma ovviamente non mancano gli spiedini di carne. Le preparazioni sono fedeli a quello che si può trovare in Georgia o in Armenia, almeno stando sulla fiducia di un intero team che proviene da quelle zone. Io mi fido. Anzi ora inizio a fare meditazione Sufi per arrivare lievitando ad assaggiare la cucina tipica georgiana ed armena direttamente nelle zone di origine. Però non penso di farcela perché oltre a riempire l’anima e la mente Ararat riempie anche la pancia. E si sta bene.
Immancabile il caffè armeno, praticamente uguale a quello greco, con uno strato residuale sul fondo della tazza che si presta alla lettura da parte dei saggi anziani. Predice il futuro. La mia tazza dice: ‘Ci tornerò’.
Bellissimo post e foto stupende! Adesso però mi sono incuriosita, dev’essere tutto buonissimo!
"Mi piace""Mi piace"