Berberè Firenze, la pizza in Technicolor

Colori e impasti

Un tuffo in una molteplicità di colori. Come nel film ‘Pagemaster‘ (USA, 1994), da quadri in scale cromatiche degne della migliore pop art degli anni 60 scesi a patto con l’esigenza di soddisfare la vasta gamma di clientela. E carovane nel deserto, per saziarsi, per la libertà di un pasto.

Si chiama Berberè,  ed è il nuovo gate che accoglie i golosi  alla bocca di via de’Neri, angolo via de’Benci. 

D’altronde mi immagino i’berberi‘, trafficare con migliaia di spezie esotiche dai colori maestosi e contaminate anche dal bagliore delle stelle che illumina il freddo del deserto del nord Africa. Antichi rituali tribali e rabdomantici nel deserto, dediti al commercio. Alle volte zafferano, alle volte frutta. E contratti coniugali a suon di scambi di cammelli.
Un mondo immaginifico che non smetterà mai di affascinare, come una stella cometa che immagino  esser scesa a picco latitudine dopo longitudine fino ad una stalla in un mito che è diventato piuttosto famoso.

E in questo c’è anche un po’ della Firenze Trap del 2019, una contaminazione continua che porta una catena di pizzerie a scegliere come nome un termine di origine francese (berber) che deriva dall’arabo, che deriva dal latino che infine deriva dal greco antico, quando con un’attitudine poi mutuata dai fiorentini stessi, si identificava chiunque non parlasse il greco condiviso dalle popolazioni elleniche, come una persona in grado di pronunciare suoni gutturali strani come ‘Bas Bas’. 

Veniamo al Berberè in questione. Il nome non è una novità. Perché in Oltrarno si trova Berberé in San Frediano che ha già fatto breccia nei cuori di molti appassionati. E se andiamo oltre i confini cittadini si scopre che Matteo e Salvatore Aloe, le due menti imprenditoriali, hanno aperto un po’ in tutta Italia. Partendo nel 2010 da Bologna arrivando fino a Londra, passando da Torino, Milano e Verona.

Insomma un treno da più di 100 dipendenti e 11 locali.  Il principio da cui nasce il successo di Berberè è l’attenzione volta all’artigianalità di un prodotto in ogni caso replicabile. Concetto quantomai d’attualità in un mondo che vede una crescita costante di domanda in sintonia con l’offerta esplosa a mo’ di supernova nella sua ‘esponenza‘ di scelte diverse. Insomma dal tristellato al kebabbaro marcio sotto casa si trova davvero di tutto.

Artigianalità replicabile. Quasi un ossimoro, ma sono sempre di più gli imprenditori a credere in questi concetti. E dunque se codesto è il  trend, w il trend. Il tempo, il poco che ci rimane grazie al cambiamento climatico secondo gli scienziati della Nasa, ci racconterà se la strada fosse quella giusta.
Noi mortali, aedi erranti, possiamo solo raccontare il presente.

La chiave dell’artigianalità di Berberè consiste nella preparazione dell’impasto che viene preparato ogni giorno in ogni locale della famiglia. Con acqua, farina e pasta madre.

 

Per una conoscenza più specifica e tecnica riporto le note fornite dal locale che specifica tutti i passaggi di preparazione della pizza:

“Una delle caratteristiche principali della pizza Berberè è l’utilizzo esclusivo di lievito madre vivo e tempi lunghi: il processo di maturazione dell’impasto dura, infatti, almeno 24 ore a temperatura ambiente controllata. Vengono utilizzate per l’impasto farine semintegrali biologiche (oltre al grano anche
con enkir, farro e Senatore Cappelli), risultato della sperimentazione con Alce Nero, che contengono all’interno fibre, vitamine idrosolubili e tutti gli oligoelementi presenti nel chicco. E per ottimizzare la digeribilità della pizza, gli chef di Berberè propongono anche, sin dal 2010, un metodo di fermentazione totalmente privo di lievito aggiunto, basato sul processo fisico di idrolisi degli amidi.”

“Forno elettrico con caratteristiche tecnologiche avanzate e pietra di due tonnellate, mantenendo la temperatura costante anche dopo numerose infornate. La lavorazione non sottile dell’impasto, che permette lo sviluppo degli alveoli, dà vita ad una pasta leggera dentro e croccante fuori, farcita con ingredienti stagionali di altissima qualità, biologici e da presidi slow food.”

Una delle caratteristiche tratto distintivo di Berberè è il fatto che la pizza arrivi già tagliata in 8 fette.

La pizza di Berberè è croccante, piuttosto asciutta. Per dirla in fiorentino: rimane ‘ritta’ quando si prende una fetta. Gli abbinamenti sono sicuramente azzardati e si può trovare qualcosa di veramente creativo ed estremo tra cui segnalo Zucca, funghi, taleggio e fiordilatte e anche ‘Nduja di Spilinga, fiordilatte, pomodoro, prezzemolo.

L’ambiente informale e colorato rendono Berberè di via de’Benci angolo via de’Neri un posto perfetto dove rifocillarsi a pranzo in agilità  oppure per iniziare bene il sabato sera in centro, ottimo per le cene con gli amici con cui condividere più pizze e assaggiare i gusti più spinti.

Da notare anche l’ampia selezione di birre artigianali.

 

 

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