Ho provato da Michele Firenze. Ed è una pizza spaziale

Grande attesa. Riflettori accesi ed è subito ‘da Michele’. Una delle pizzerie storiche di Napoli approda in seno a Firenze,  città sempre più  pizza-friendly. 

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Che città strana Firenze. E’ differente in tutto, specialmente da se stessa. In questo ha un qualcosa di Napoli. Sarà per questo che Massimo Troisi, uno dei simboli della commedia napoletana, ha voluto girarci ‘Ricomincio da Tre’ e si è integrato perfettamente con la vulcanica energia di Roberto Benigni in ‘Non ci resta che piangere’. Anche se Benigni non è fiorentino.

 

Come siamo campanilisti con le cose che riteniamo ‘DOP’. Ad esempio, la bistecca è fiorentina. La pizza è di Napoli. Firenze è Firenze, Prato è Prato. Ischia non è Napoli. E via dicendo come condimento sulla pizza.

 

 

Ripartiamo dal concetto. Firenze è differente. Perchè? Perchè prende le fittonate. Cosa sono? Sono che quando qualcosa diventa trend topic i fiorentini ondivaghi si dibattono e sbattono come sardine brancolanti verso la stessa direzione. O boccata di ossigeno che sia. Ed oggi tutti in coro urliamo ‘PIZZAAAAAAAAAA’.

 

Veniamo al sodo. La pizza di ‘da Michele’. 130 anni di storia, in bocca.

Partiamo dalla location. 

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Semplice, luminosa. Con gli arredi e il tono cromatico generale tendente a colori molto chiari. Un bianco dominante, aperto e di respiro. Senza fronzoli, direi sincero. A me ha ricordato tanto le veraci pizzerie napoletane.

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Il tutto per arrivare ad un concetto, culturale. Il pasto è veloce. O comunque, in pizzeria si passa. Forse per la complicità di una città portuale ed affacciata sul mare come Napoli. Da Michele Firenze, ci si siede si ordina, si mangia e si passa il testimone.

E sappiamo quanto il relativismo culturale sia la principale forza e al tempo stesso la più devastante debolezza del nostro tempo.

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Bene e ora parliamo della pizza di Michele Firenze. 

Alta o bassa? Balta.

Anzi, alsa.

Si dai avete capito. Cioè, se vi dico bassa vi immaginate subito quella modello egiziano, oppure la pizza croccante romana. Se vi dico alta penserete a qualche mappazzone che si incontra almeno una volta nella vita.

Per essere precisi, è una pizza tendente al basso, ma con palpabile consistenza. Larga e ampia, più di 30 cm di diametro. 

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Bum

 

Si in effetti è una pizza umile. (Dalle mie parti, si usa dire ‘umile’ quando qualcosa o qualcuno non lo sono per niente. Es. Ibrahimovic è un giocatore umile).

Di quelle che quando te le vedi arrivare dici ‘wow’. E la mia preoccupazione va subito all’ultimo boccone. Cioè, se è così grande ci metto molto a mangiarla. E così si fredderà, e poi mi rimarrà sullo stomaco. E poi muoio! Ahhhhhhhh!!!!! Che paranoie mangiando una pizza. Non ci si annoia mai.

Piacevolmente sorpreso mi appresto poi all’ultimo morso che sicuramente non più caldo, presenta ancora una piacevolezza e un gusto devastante.

 

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Ho mangiato due pizze. E non me ne pento. Per essere sicuro di avere una panoramica generale sulla pizza di da Michele Firenze. Mangiai una ‘Margherita’ e una ‘Cosacca’.

Al di là delle considerazioni masturbofilosofiche sulla consistenza della pizza e le dinamiche semanticosemiotiche dell’origine quello che ritengo veramente essenziale è il gusto e la digeribilità.

 

Ad esempio la ‘Cosacca’. Pizza rossa con un parmigiano grattugiato sul pomodoro caldo.

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Ogni  morso cresce la voglia di averne ancora.  Perchè il sapore è diverso da ogni parte in cui la si addenta. Risulta così piacevole scoprire sempre di più pian piano che la si mangia.

Leggera da morire con una lievitazione di 24 ore, e una bassa gradazione di lievito. E l’aggiunta di olio di semi di soia (marchio di fabbrica di da Michele) che va ad arricchire ed esaltare i sapori.

Da sottolineare anche la presenza della pizza fritta.

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Insomma in una Firenze sempre più a trazione napoletana nel campo pizze, da Michele fa il suo esordio portando una nuova scuola di pensiero, una pizza più bassa e incredibilmente profonda nel suo sapore. Quindi è una piacevole ulteriore alternativa. Nel cuore di un quartiere, San Lorenzo, che ha ancora tantissimo da fare per diventare all’altezza di altri distretti urbani gastronomici e combattere il degrado (un giorno vi racconterò degli sketch a cui si può assistere passate le 23.00), da Michele offre l’oro di Napoli non aggrappandosi al proprio nome ma volendo dimostrare, con umiltà di che pasta sono fatti.

 

 

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