Fantascienza e automazione non sono la stessa cosa, anche molti confondono le due cose.
Fantascienza è una specie di utopia che non ha vincoli di realtà. La macchina del tempo di Wells era una straordinaria intuizione ma si muoveva in lungo e in largo per le diverse epoche, senza nessun problema di propulsione, senza dover fare i conti con l’attrito o con il ricambio dei pezzi perché il motore stava nella straordinaria inventività del letterato che, se avesse voluto, avrebbe potuto affidare la guida a una scimmia.

L’Automazione nasce invece dal bisogno reale di governare i processi produttivi, ridurre i rischi e la fatica dell’uomo e magari anche ridurre la quantità di addetti e quindi i costi. Ci sono esempi famosi come la prima macchina calcolatrice di Pascal, il telaio Jacquard a schede perforate che rivoluzionò l’industria tessile, la macchina analitica di Babbage che non operò davvero, ma ebbe lo stesso grande influenza. Fu unendo tutti quei concetti che lo statistico americano Hermann Hollerith realizzò una macchina per i dati del censimento a schede perforate.
Tutto era reso difficile dal bisogno di ingranaggi meccanici e divenne man mano più facile quando venne l’aiuto dell’elettronica, via via riducendo la dimensione degli oggetti necessari. Per rendersi conto converrebbe compiere un esperimento.

Dare un’occhiata su qualche vecchia enciclopedia o su internet ai calcolatori degli anni quaranta e cinquanta, enormi armadi che occupavano intere stanze e moltissimo tempo per eseguire un’operazione e poi recarsi, tra il 5 e il 6 luglio, al Centro Pecci, dove una quindicina di ditte specializzate esibiscono una grandissima varietà di automatismi adatti all’industria, in cui la dimensione è ridotta al minimo e l’effetto è massimo. È la Prima Fiera dell’Automazione, organizzata da una ditta italiana, la Comet Marini Pandolfi, un grande ditta fornitrice di componenti e materiali, chiamando a raccolta specialisti di primo piano del settore.
Poiché si svolge al Centro Pecci, è l’incontro della tecnologia con l’arte riporta in campo la fantasia. Il visitatore, infatti, rimane affascinato da un design che non è fine a se stesso, ma raggiunge egualmente ottimi livelli estetici per apparecchiature che hanno il compito di vivere in mezzo al lavoro dell’azienda.
Poiché però vede macchine dotate di un proprio pensiero, quello garantito dal software, capaci di guidare con piccole tensioni e correnti macchinari di grandissima potenza, comincia a figurarsi qualcosa che va al di là e che proietta in un futuro sconosciuto di gnomi elettronici e di robot che vivono una vita propria e prova forse anche un po’di paura.
Vengono allora a mente i ricordi. La sfida tra l’uomo e l’automa si perde nei secoli e qualche volta inganna, come il Turco, giocatore automatico di scacchi che nel ‘700 impressionò mezza Europa, prima che fosse scoperto un giocatore nascosto dentro.
In quel periodo, però, funzionavano davvero automi specializzati, nello scrivere, nel disegnare, nel fare musica, e creavano la loro leggenda affascinante e spaventosa. La letteratura regalava un’antica paura, quella del misterioso Golem della leggenda ebraica che un romanzo di Gustav Meyrink faceva riapparire ogni trentatre anni, come un incubo. Così Automazione e Fantascienza si ritrovavano e molte volte l’automa era protagonista di situazioni agghiaccianti, Quante volte è tornato il Golem! Quello di Isaac Singer, dapprima obbediente agli ordini, poi vi via solo e depresso; il cyborg –golem di Marge Piercy convinto a difendere la libertà della città di Tikva da un’industria invasiva, e tanti altri protagonisti di romanzi.
Ma altri automi hanno servito la Fantascienza, come il calcolatore elettronico di Odissea nello Spazio, questa volta in un film, altro rappresentante della paura, imbattibile giocatore di scacchi, umanizzato al massimo, fino al punto di sognare il potere e volerlo uccidendo gli astronauti.

Di queste paure ci siamo nutriti tenendo insieme la Fantascienza e l’Automazione, visitando la mostra di Prato.
Lì la Fantascienza non c’è, ma c’è solo il solido presente e un affascinante e rassicurante futuro. Schneider Electric propone sistemi di automazione e controllo del movimento e di processo per le industrie e per i settori come l’edilizia.
Siemens propone il controllo automatizzato di macchine a diversa velocità con sistemi flessibili e racks basati sul PLC, anch’essi versatili. ABB propone utilities per l’industria, i trasporti e le infrastrutture. OMRON, oltre agli apparati di servoazionamento propone un robot che non somiglia al Golem d’argilla della tradizione ma a un simpatico cagnolino che si aggira per la cucina. SD Projet offre un software professionale per la progettazione dei circuiti. Phoenix Contact presenta sistemi I/O per i quadri di controllo appetibili anche nel design e anch’essi modulabili secondo le esigenze aziendali.
Rockwell Automation propone quadri di controllo con criteri di sicurezza assolutamente innovativi e in grado di contrastare l’errore umano. Zanardo fornisce intelaiature per i quadri progettate per la minima dispersione termica. Pepperl e Fuchs presenta una serie di sensori industriali e dunque prodotto che più sono in grado di “antropizzare” la macchina. Weidmüller produce software per i quadri e soluzioni per la connettività industriale. Rittal offre innovativi sistemi di illuminazione a LED degli armadi di comando. Finder offre una gamma di minirelé che è come dire un elemento fondamentale per la realizzazione di automatismi e servomeccanismi. Pilz presenta i suoi sistemi di automazione sottolineando l’orientamento alla sicurezza. Cembre presenta materiali da impiantistica speciali anch’essi fondamentali per lo sviluppo del sistema industriale. Gefran offre materiali performanti per soluzioni applicative su misura.
Tutto questo mette in evidenza due cose: il lavoro tecnologico opera per mettere in condizione l’impresa di non essere vincolata a rigide soluzioni ma ne aumenta la “soggettività”.